Archivio Centrale dello Stato

Franca Viola, la ragazza “che disse no”

In occasione dell’8 marzo 2022 vogliamo ricordare Franca Viola, la ragazza “che disse no”. Ecco la sua storia attraverso le carte d’archivio.

Per il coraggioso gesto di rifiuto del matrimonio riparatore che ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell’emancipazione delle donne nel nostro Paese.

Con questa motivazione, nel corso della cerimonia al Quirinale in occasione dell’8 marzo 2014, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano conferì a Franca Viola il titolo di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Era trascorso quasi un quarantennio da quel lontano 26 dicembre 1965, giorno in cui la diciassettenne fu prelevata a forza da casa sua ad Alcamo, nel Trapanese, dall’ex fidanzato ed esponente della mafia locale, spalleggiato da un gruppo di “compari” tutti armati. «Leso nell’onore di maschio» – come scrisse Indro Montanelli sulle pagine del «Corriere della sera» durante il processo – per la rottura del fidanzamento voluta dal padre di Franca dopo le accuse di furto ed altri crimini di stampo mafioso, usò la violenza carnale per costringere la minorenne al “matrimonio riparatore”, atto che, a norma dell’art.544 del c.p. allora vigente, avrebbe estinto tutti i reati commessi. Ma Franca Viola, prima donna italiana, rifiutò la “paciata”, denunciando Filippo Melodia e gli altri della banda. Supportata dal padre Bernardo e da tutta la sua famiglia si costituì parte civile nel processo che vide i rapitori imputati alla sbarra. Ed è proprio suo padre – insieme al futuro marito «che mi ha sposato pur sapendo di essere in pericolo di vita» che Franca intese ringraziare ricevendo l’onorificenza citata. Il gesto forte costrinse di fatto i Viola, modesti mezzadri, a vivere per anni sotto scorta a causa delle continue minacce e ricatti, additati ed isolati dai compaesani, in gravi ristrettezze economiche, dato la negativa ricaduta degli eventi sulla situazione lavorativa paterna. Stato dei fatti ben evidente dallo spoglio del carteggio (1966-1969) – inedito – rinvenuto tra le carte del Ministero dell’Interno conservate presso l’Archivio centrale, di cui si riporta una selezione.

Di particolare interesse, un’istanza datata 2 gennaio 1967, in cui Bernardo Viola «chiede alla Signoria Vostra Ill.ma [il prefetto di Trapani] di volermi concedere dalle ore 8 alle ore 17 di ogni giorno sia io che mia moglie e mia figlia senza alcuna scorta in paese né in borghese e nemmeno in divisa, perché mia moglie va a fare delle compere e che va a messa e perciò che si augurerebbe non avere nessuna guardia che ci accompagnassero, aggiungo anche per mio figlio Mariano, fino alla apertura della scuola (…)». In diverse «note riservate» le autorità governative e di polizia del territorio rappresentavano al ministro e/o al segretario generale della Presidenza della Repubblica «le note e gravose misure di sicurezza, assicurate da ben 35 uomini in vari turni quotidiani», ancora attive e, anzi, rafforzate al tempo delle nozze di Franca (4 dicembre 1968), «intese a garantire l’incolumità dei membri della famiglia Viola e l’integrità dei loro beni da possibili rappresaglie di elementi mafiosi». Riguardo alle reiterate richieste di sussidi e lavoro da parte di Bernardo e della stessa Franca che fece istanza al Capo dello Stato per ottenere un posto di lavoro al suo futuro sposo, il rag. Giuseppe Ruisi (3 agosto 1968), appare chiara la volontà del Ministero dell’Interno di «garbatamente allontanare da Alcamo il nucleo familiare dei Viola», tanto che, già nel 1966, «il vescovo della diocesi, su richiesta del prefetto, informò i Viola che “un ignoto benefattore” aveva offerto alla famiglia un viaggio gratuito negli Stati Uniti, onde far loro trascorrere colà un periodo di tranquillità e porre le premesse di una loro definitiva sistemazione in quel Paese» (v. «appunto per l’on. sig. ministro» del 22 ottobre 1968). Nella relazione del prefetto di Trapani al Capo della Polizia (14 ottobre 1967) si presumeva che il rifiuto di Bernardo ad accettare impieghi fuori dal Trapanese oltre che «per un malinteso attaccamento al proprio prestigio e alla propria terra», fosse supportato dalla volontà di «poter continuare a sfruttare la compassionata notorietà che ormai tende a ravvivarsi con il processo di appello e con il rinnovato interesse della stampa», ad attestare quanto il caso Viola avesse acquistato rilevanza ben oltre i confini regionali.

 

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L’impatto mediatico del caso Viola

Il forte impatto mediatico del processo «per il ratto di Franca Viola», svoltosi in primo grado presso il Tribunale di Trapani (9-14 dicembre 1966) e, in appello, a Palermo (28 giugno-1 luglio 1967) si misura anche dal calibro dei giornalisti in campo, in primis Silvano Villani e Indro Montanelli per il «Corriere della Sera», quest’ultimo querelato per diffamazione dall’ordine degli avvocati di Trapani «per gli articoli pubblicati sulla “Domenica del Corriere” e sul “Giornale di Sicilia”» a proposito del processo di primo grado, come si legge ancora nel citato carteggio (Ministero dell’Interno, Gabinetto).

 

Data:
25 Marzo 2022

Ultimo aggiornamento:
7 Febbraio 2023, 16:15