Archivio Centrale dello Stato

La bonifica dell’Agro Pontino e l’opera dell’ONC

La trasformazione dell’Agro Pontino iniziata nel 1918 e intensificata dal regime fascista, ha convertito le paludi in terreni fertili. Grazie alla costruzione di canali, strade e abitazioni, la bonifica ha combattuto malattie come la malaria, promosso l’insediamento di coloni e favorito lo sviluppo agricolo e industriale del Lazio, nonostante le devastazioni abbattutesi nella zona durante la Seconda guerra mondiale.

Le odierne località marittime, centri urbani e fertili aree agricole, dedicate all’allevamento e al turismo e situate nei pressi di Roma, un tempo appartenevano alla Pianura Pontina: una vasta regione fangosa e paludosa, infestata da malattie mortali, che per secoli è stata impossibile da bonificare.

L’Agro Pontino (o Pianura Pontina), è una regione storico-geografica situata tra l’Agro romano e il Lazio meridionale. Delimitata dai Monti Lepini, dal Mar Tirreno e dall’insenatura di Terracina, fino al promontorio del Circeo, la zona è composta da un’area che si estende verso Roma senza un confine fisico ben definito. A causa dell’abbondanza di acque meteoriche e sorgive ristagnanti ai piedi dei monti e nei terreni circostanti – molti dei quali posti sotto il livello del mare o appena al di sopra -, era stato impedito il completo defluire naturale delle acque verso il mare, lasciando per secoli questo territorio impaludato.

In vari periodi storici, a partire dal I sec. a.C., la zona delle Paludi Pontine venne sottoposta a vari tentativi di bonifica, senza tuttavia successi duraturi.

Nel 1810, Papa Pio VII, su impulso di Napoleone, nominò una commissione che propose l’uso di canali e il metodo delle colmate per migliorare l’Agro Pontino. In 60 anni, circa 10.000 dei 19.000 ettari interessati furono asciugati, riducendo significativamente la malaria, favorendo la crescita di paesi come Terracina e migliorando l’agricoltura.

Nel 1861, Papa Pio IX creò il “Consorzio degli enfiteuti della bonificazione pontina” per proseguire i lavori. Tuttavia, dal 1870, le nuove leggi sulla bonifica non furono attuate efficacemente. (fu così per la legge Beccarini del 1882, per quella Genula (1886) e per quella del 1889)

Anche nel 1900 il Parlamento italiano aveva ribadito l’importanza del contributo statale alla bonifica delle terre paludose, tuttavia il progetto della bonifica venne ripreso solo dopo la fine della Prima Guerra Mondiale dal Genio Civile**. L’ing. Marchi del Genio Civile di Roma, presentò il primo studio organico per la bonifica dell’Agro Pontino e della parte sommersa dell’Agro Romano, che proponeva di dividere le paludi pontine in due aree gestite da due consorzi*, ponendo così le basi per le successive fasi di bonifica.

Il progetto Marchi, prevedeva la separazione delle Acque Alte dalle Medie, e di queste ultime dalle Basse e il prosciugamento meccanico, mediante idrovore, dei terreni che non potevano scolare naturalmente.

 

*Il Consorzio della Bonificazione Pontina, nato nel 1861 e il Consorzio di Bonifica di Piscinara, istituito nel 1918, poi noto come Consorzio di Bonifica di Littoria (e infine di Latina), che costruì il Canale Mussolini seguendo il progetto Pancini-Prampolini.

**Organo periferico del Ministero dei lavori pubblici competente per l’esecuzione delle opere pubbliche, organismo deputato, sul modello francese e costituito da ingegneri organizzati in “corpi”, all’esecuzione delle opere pubbliche, ossia per tutti i lavori che erano realizzati nell’interesse, totale o parziale, dello Stato e degli altri enti pubblici che comprendevano: nuove costruzioni, attività di trasformazione o manutenzione, ordinaria o straordinaria di opere già esistenti, opere di bonifica, opere idrauliche, opere di viabilità e gli interventi di riparazioni dei danni bellici o alluvionali.

L’inizio dei lavori di bonifica

I primi lavori di bonifica iniziarono nel 1924, quando lo Stato acquistò circa 20.000 ettari dalla famiglia Caetani, noto come Bacino di Piscinara e venne istituto il Consorzio di Bonifica di Piscinara, che avviò la canalizzazione delle acque del bacino del fiume Astura.

Con il R.d. del 1926 al preesistente Consorzio di Piscinara – che sulla base del progetto Pancini-Prampolini realizzò la separazione delle acque costruendo, tra l’altro, il grande canale delle Acque Alte (poi comunemente denominato Canale Mussolini) – si aggiungeva il Consorzio di Bonificazione dell’Agro Pontino di 26.567 ettari, che abbracciava un’area relativamente inferiore, ma costituita da territori situati sotto il livello del mare, dove quindi la bonifica sarebbe stata maggiormente complessa.

I due Consorzi erano costituiti dall’unione dei latifondisti privati e dallo Stato, tuttavia, a seguito della legge Mussolini (Legge 24 dicembre 1928, n. 3134), i terreni improduttivi o abbandonati potevano essere espropriati qualora i proprietari non avessero aderito ai Consorzi e ne avessero comunicato la cessione allo Stato per il tramite della Prefettura; quindi, gran parte delle aree bonificate passò sotto il controllo diretto dello Stato, che lo delegò all’Opera Nazionale Combattenti.

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Nel luglio del 1928, il Consiglio dei ministri approvò il disegno di legge sulla bonifica integrale, che Mussolini definì «il piano regolatore della bonifica integrale del territorio nazionale». Il progetto, che rientrava nella bonifica integrale e nella politica di ruralizzazione promossa dal regime, che rientrò successivamente nella politica economica autarchica. La bonifica integrale interessava diverse aree del paese, tra cui la Bassa Friulana, il Ferrarese, le zone del Volturno, il Tavoliere delle Puglie e l’Agro Pontino. Tuttavia, tra queste, l’Agro Pontino fu l’unica area effettivamente bonificata nella sua interezza. (?)

Grazie alla Legge Serpieri (1933), il progetto di bonifica integrale venne diviso e articolato in tre fasi distinte: sanitaria, idraulica e agraria. La bonifica sanitaria venne affidata alla Croce Rossa Italiana, successivamente rinominata Istituto Antimalarico Pontino. La bonifica idraulica venne gestita dai consorzi di bonifica attivi sul territorio*, mentre la bonifica agraria venne affidata all’Opera Nazionale Combattenti, l’ente assistenziale che era stato istituito nel 1917 per volontà di Nitti e Beneduce.

 

Da palude a terra fertile, una sfida legata alla politica sociale del regime fascista

Nel corso di un secolo, numerosi interventi culminati durante il Ventennio trasformarono l’Agro Pontino in una terra fertile, ideale per nuovi centri urbani e agricoli.

La bonifica dell’Agro Pontino è annoverata come una delle opere più significative nella storia d’Italia: sono stati bonificati 500 km² di terreno malarico, costruiti oltre 450 km di strade, 4.000 case coloniche e più di 1.800 km di canali per la gestione delle acque. Questo imponente progetto ha sconfitto definitivamente la malaria e creato nuove aree agricole e nuclei abitativi, promuovendo l’insediamento di coloni, principalmente dal Veneto e dal Friuli.

Il programma, che rientrava nella politica sociale del regime fascista, aveva reso produttive le terre invase da paludi con rilevanti vantaggi igienici, demografici, economici e sociali. L’operazione aveva gettato le basi per espandere l’economia agricola impiegando manodopera a basso costo. fornita da chi (più spesso emigranti) fosse disposto ad ogni rischio per affrontare la crescente disoccupazione.

La forza lavoro era costituita da bonificatori e coloni, provenienti da varie regioni d’Italia, che affrontarono ogni rischio per superare il problema crescente della disoccupazione. Tuttavia, non tutti coloro che ebbero questo gravoso ruolo poterono poi abitare le terre recuperate.

È fondamentale effettuare una distinzione tra coloro che, provenienti da varie regioni d’Italia, parteciparono alle opere di bonifica: i bonificatori e i coloni.

Non tutti coloro che parteciparono attivamente alla bonifica poterono poi abitare le terre recuperate. La maggior parte di loro anzi, tornò alle proprie case, lasciando le “Città Nuove” ai coloni, provenienti in particolare dal Veneto e dal Friuli.

 

Dei 2.953 poderi gestiti dall’Opera Nazionale Combattenti, 1.748 vennero assegnati a famiglie di coloni veneti e friulani. Queste famiglie erano spesso in fuga dalle campagne venete, dove piccoli proprietari in difficoltà stavano vendendo i loro terreni. Le famiglie interessate all’emigrazione dovevano soddisfare requisiti precisi, inclusi almeno quattro uomini, due donne e un ex combattente, per ottenere una casa con tre camere da letto, un forno per il pane, un pollaio, un abbeveratoio per il bestiame, attrezzi agricoli, un carro e alcuni capi da allevare.

 

L’O.N.C.

L’Opera Nazionale Combattenti (ONC), ente assistenziale fondato durante la Prima guerra mondiale, per volere di Francesco Saverio Nitti e Alberto Beneduce (poi sciolto nel 1977), venne istituito con il decreto n. 1970 del 10 dicembre 1917, insieme all’Opera Nazionale Invalidi di Guerra, per favorire assistenza finanziaria, assistenza formativa e reinserimento nel mondo del lavoro, in iniziative nel campo delle bonifiche dei reduci.

Durante il Ventennio, l’O.N.C. subì due riforme, che lo trasformarono in ente economico (R.D.L. 1606/1926) attribuendogli, nell’ottica propagandistica di orientare lo sviluppo verso l’agricoltura, i compiti di trasformazione fondiaria e d’incremento della piccola e media proprietà.

Tra gli interventi di bonifica dell’Opera Nazionale Combattenti, su tutto il territorio italiano, il più noto è proprio quello relativo alla regione pontina.

A partire dal 1931, l’ONC ridisegnò completamente il territorio trasformandolo sul piano fondiario, sociale e demografico. In pochi anni, dal 1932 al 1939, il territorio paludoso venne sostituito da un’intensa rete di canali e di strade che collegavano gli oltre 3.000 poderi ai nuovi borghi rurali e alle cinque “Città Nuove”: Littoria (Latina) nel 1932, Sabaudia nel 1934, Pontinia nel 1935, Aprilia nel 1937, Pomezia nel 1939; quattordici Borgate Rurali realizzate dall’O.N.C. e circa cinquemila poderi realizzati sempre dall’O.N.C., dalle Università Agrarie di Sermoneta, Cisterna e Bassiano, nonché dai privati.

 

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La bonifica dell’Agro Pontino venne completata tra il 1928 e il 1935 e portò alla trasformazione completa e definitiva della Pianura Pontina.

Erano stati prodotti circa 280 progetti di varia tipologia, ai quali si aggiunsero, nell’ultimo periodo di attività dell’ente (ONC), altri 70 progetti inerenti alle attività di sviluppo della sola provincia di Latina, che comprendevano la manutenzione e l’adeguamento della viabilità, la costruzione di opifici per la conservazione e la lavorazione dei prodotti delle cooperative agricole.

Negli anni successivi al completamento della bonifica, lungo la costa dell’Agro Pontino sorsero località come Sabaudia, San Felice Circeo, Terracina e Sperlonga, centri di nuove comunità oggi note come località turistiche limitrofe alla capitale.

 

Foto:

La prima pietra di Littoria, oggi Latina, fu posta il 30 giugno del 1932 e cinque mesi dopo la città venne inaugurata: cinquecento case, diecimila abitanti. Mussolini arrivò a Littoria il 18 dicembre, dove visitò le case in Borsalino e stivali, elogiando gli operai giunti da ogni parte d’Italia e i coloni venuti dalle terre del Veneto e della Valle del Po.

https://patrimonioacs.cultura.gov.it/patrimonio/dee052f9-e7ce-4388-87c1-1f35f85d40ff/fondo-opera-nazionale-combattenti-onc

 

L’Agro Pontino fu teatro di intensi scontri tra le forze italiane, tedesche e alleate, durante tutto il secondo conflitto mondiale.

Allo scoppio della Guerra l’Agro Pontino era appena stato bonificato, erano sorte le nuove cittadine e l’area era risorta a nuova vita. Le “Città Nuove”, considerate strategicamente importanti per le operazioni militari, furono occupate dalle truppe tedesche mediante la confisca di beni e risorse ai legittimi proprietari per renderle loro insediamenti. E, a causa di ciò, tutta l’area appena realizzata – a seguito dei combattimenti e dei bombardamenti concentrati in quel territorio tra le forze italiane, tedesche e alleate – subì gravi distruzioni.

Vennero pesantemente danneggiati canali e sistemazioni idrauliche, rete stradale, ponti, edifici pubblici, impianti industriali e distrutti interi centri abitati. A subire i maggiori danni furono le cittadine di Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Nettuno; quest’ultima, fu teatro di scontro tra Alleati e forze tedesche durante l’Operazione Shingle (sbarco degli Alleati ad Anzio), con gravi danni alle strutture e alle abitazioni civili. Ma anche la città di Littoria (Latina), eretta come città di fondazione nell’ambito del progetto di bonifica dell’Agro Pontino negli anni ’30, riportò danni significativi a gran parte delle strutture urbane, edifici storici, abitazioni private e impianti industriali, che vennero rasi al suolo dai tedeschi in ritirata.

Le distruzioni belliche, i sabotaggi e le asportazioni di macchinari da parte delle truppe tedesche, avevano colpito soprattutto il territorio di bonifica tra la città di Aprilia e il Borgo Podgora, che era stato costruito in prossimità di grandi cave di pozzolana e tufo. Nella zona, che presentava il sottosuolo ricco di buona acqua potabile, era stato costruito un intero villaggio con dei fabbricati per gli operai (destinati a diventare case coloniche), la caserma del RR. CC., l’oratorio per l’assistenza spirituale degli operai, il fabbricato per ufficio, magazzino ed abitazione del personale del Consorzio (poi da convertire in future scuole).

 

A guerra terminata, il territorio italiano versava in uno stato disastroso.

Il Paese, uscito dal conflitto combattuto strenuamente per liberarsi dell’oppressore tedesco, appariva come un paesaggio apocalittico: ovunque regnavano rovina e devastazione. Anche l’Agro Pontino non faceva eccezione, e richiedeva sforzi notevoli da parte delle autorità locali e delle istituzioni governative per ricostruire le infrastrutture distrutte, riparare edifici pubblici e privati, e fornire sostegno alla popolazione.

L’Opera Nazionale Combattenti (ONC), che aveva già avuto un ruolo fondamentale nell’opera di bonifica, fu ancora una volta determinante nel ripristino dei “danni di guerra” occupandosi, tra l’altro, delle iniziative per l’incremento dell’occupazione e del sostegno ai veterani e ai reduci delle città colpite nell’Agro Pontino.

L’ente, con oltre 1.100 progetti, fu operativo su 45 aree territoriali nazionali, dall’Alto Adige alla Sardegna, ai quali si aggiunse nel 1937 anche l’iniziativa in Africa orientale. L’Opera differenziò la propria attività in interventi di bonifica idraulica e agraria, piani di appoderamento, sistemazioni montane, opere antianofeliche, piani regolatori e relativi edifici per nuovi centri comunali e borghi rurali, case coloniche e recupero di edifici preesistenti, come ad esempio le masserie pugliesi o i fabbricati altoatesini.

Dopo un primo periodo di intensa attività di ricostruzione e riparazione delle opere distrutte o danneggiate, anche gli Enti consortili* ripresero il loro compito di esecutori di opere pubbliche su concessione dell’ex Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, della Cassa per il Mezzogiorno e, da ultimo, della Regione Lazio.

*Con atto del febbraio 1996 i due Enti consortili (Consorzio della Bonificazione Pontina e Consorzio di Bonifica di Latina) sono stati unificati sotto la denominazione di Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino.

Nel secondo dopoguerra, l’ente O.N.C. passò sotto la vigilanza del Ministero per l’assistenza post-bellica e, con la soppressione di questo, sotto quella del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, fino alla fine della sua esistenza, avvenuta con la legge del 31 ottobre 1978 n. 641, che la soppresse e pose in liquidazione. Successivamente, con il d.p.r. del 31 marzo 1979, le residue competenze e il personale furono trasferiti ad altri enti ed amministrazioni locali.

 

INVENTARIO:

https://patrimonioacs.cultura.gov.it/patrimonio/8d271dbc-57a7-4d73-85d1-b962628832fb/inventario-id-4006-opera-nazionale-combattenti-onc-servizio-agrario-vettola

Le immagini pubblicate sulla Teca digitale ACS https://tecadigitaleacs.cultura.gov.it/media/ricercadl.aspx?keywords=opera+nazionale+combattenti  appartengono all’archivio storico dell’Opera Nazionale Combattenti, e sono la testimonianza dell’attività progettuale dell’ente svolta dal primo dopoguerra alla fine degli anni Settanta.

 

La ricostruzione dell’Italia attraverso la Riforma agraria e fondiaria

Le terre bonificate dell’Agro Pontino, come altre zone della penisola italiana, vennero sottoposte ad una nuova riconfigurazione attuata dallo Stato nel decennio 1950-1960.

L’azione dello Stato per la bonifica di tutto il territorio italiano e il miglioramento delle strutture fondiarie è documentato da numerosi fondi del Ministero dell’agricoltura versati all’Archivio centrale e in grado di raccontare l’attività dell’Ente, sia sul fronte della ricerca e della sperimentazione agraria, sia sull’opera di divulgazione di nuovi metodi colturali e l’addestramento professionale, fino all’assistenza tecnica alle aziende agrarie. La documentazione, prodotta fra gli anni ’20 e 70 del Novecento, costituisce la fonte primaria di dati in materia di difesa, incremento e valorizzazione delle produzioni agricole e zootecniche italiane, di distribuzione e consumo alimentare, di riordinamento e liquidazione degli usi civici, o di notizie sull’operato dei tanti uffici periferici, istituti ed enti sottoposti alla tutela e alla vigilanza dello stesso ministero.

Tuttavia, gli anni della “ricostruzione” sono documentati soprattutto dalla documentazione presente nel fondo dell’Archivio della riforma fondiaria, che costituisce la maggior testimonianza sulla sua attuazione pratica, avvenuta nel corso del decennio 1950-1960. Si tratta di un insieme di misure di politica agraria, avviate a seguito delle leggi Sila e Stralcio, che vanno dagli incentivi di tipo finanziario-creditizio a sostegno dell’impresa agricola, alle leggi per l’intensificazione delle bonifiche e la diffusione dei Sistemi irrigui, al finanziamento – soprattutto attraverso la Cassa per il Mezzogiorno – dei miglioramenti fondiari e delle trasformazioni colturali nel sud d’Italia.

Il piano dodecennale per l’agricoltura (1952) per la meccanizzazione agricola, l’istituzione di un fondo di rotazione che concedeva prestiti e mutui agli agricoltori e le leggi per la formazione e lo sviluppo della proprietà contadina, sono fra i provvedimenti di maggior impatto.

Dal 1952, la competenza sulla riforma agraria passò alla Direzione generale dei miglioramenti fondiari che si occupò di vigilare sugli enti, assistere gli assegnatari dei terreni, esaminare e approvare i progetti. Dal ‘58 le funzioni sulla riforma passarono alla Direzione generale della bonifica e della colonizzazione.

Nello specifico, nelle leggi del 12 maggio 1950, n. 230 e del 21 ottobre, n.841, lo Stato intendeva provvedere alla colonizzazione dell’Altopiano silano e dei territori ionici, affidando all’O.N.C. il compito di procedere all’esproprio e alla redistribuzione delle terre da concedere in proprietà ai contadini, rendendo i territori suscettibili di trasformazione fondiaria con decreti aventi valore di legge ordinaria. Il Governo doveva inoltre istituire, entro sei mesi, enti o sezioni speciali di controllo e assegnazione dei terreni, resi espropriabili in base al calcolo della superficie e al reddito complessivo, rilevato dai dati catastali e dal reddito medio per ettaro.

Dopo un primo frazionamento dei terreni, questi dovevano essere assegnati a “lavoratori manuali della terra, non proprietari, enfiteuti di fondi rustici o proprietari in misura insufficiente all’impiego della manodopera della famiglia.”

Con i d.p.r. del 7 febbraio 1951, n.66, 67, 68, 69, furono definiti gli ambiti territoriali dell’intervento nelle seguenti province: Roma, Viterbo, Grosseto, Pisa, Siena, Livorno, L’Aquila, Bari, Brindisi, Foggia, Lecce, Taranto, Matera, Potenza, Campobasso, Reggio Calabria, Caserta, Salerno, Venezia, Rovigo, Ferrara, Ravenna.

I d.p.r. del 27 aprile 1951, nn. 264 e 265, affidava all’ETFAS (Ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna) il territorio della Sardegna, con il compito di acquisire, bonificare e trasformare terreni incolti con conseguente assegnazione finale ai contadini.

Invece, la legge regionale 27 dicembre 1950, n.104 trasformò l’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano, fondato nel Ventennio con Legge n°1 del 2 gennaio 1940, in Ente per la riforma agraria in Sicilia.

La riforma fondiaria – varata con l’allora ministro dell’agricoltura Antonio Segni durante il VI governo De Gasperi – volta ad abbattere i monopoli terrieri del Mezzogiorno e delle Maremme e capace di cambiare le condizioni di lavoro e di vita di migliaia di famiglie rurali era una manovra per incrementare la produttività agricola e lo sviluppo economico e sociale in vaste zone dell’Italia centrale, meridionale e delle isole. Tuttavia, la riforma interessò solo determinate zone delle aree economicamente più arretrate del paese, provocando una serie di lotte tra braccianti e contadini contro lo Stato che continuò in seguito per moltissimi anni.

 

Data:
26 Agosto 2024